Assange è libero, la stampa no
Dopo 1901 giorni di prigionia, Julian Assange è finalmente libero: un trionfo dolceamaro per il giornalismo d'inchiesta
Finalmente Julian è libero. Dopo 1901 giorni passati in una cella 2x3 metri isolato 23 ore al giorno. La fine di un incubo durato ben cinque anni pieni di lotta e speranza. Assange con l’organizzazione WikiLeaks ha portato alla luce crimini di guerra, massacri di civili, torture e reati finanziari lavorando come un grande giornalista d’inchiesta. L'australiano, durante la sua straordinaria carriera, ha pubblicato il video "Collateral Murder" che mostra un attacco del 2007 a Baghdad in cui elicotteri statunitensi uccidono 18 civili, inclusi due giornalisti. Ha diffuso gli Iraq War Logs, che rivelano migliaia di morti civili non riportati durante la seconda guerra del Golfo, e i Guantanamo Files, che documentano l'incarcerazione ingiusta di individui innocenti nella prigione di Guantanamo. Il suo lavoro ha smascherato il governo degli Stati Uniti e le loro azioni illegali. Assange è stato perseguito per anni solamente per la sua attività giornalistica, considerata dagli USA in tutt’altro modo tanto da essere stato accusato e poi incarcerato per l’Espionage Act, legge risalente al 1917 che viene utilizzata puntualmente dai presidenti americani contro i dipendenti pubblici che divulgano informazioni riservate ai media.
Le trattative per il patteggiamento di Assange erano iniziate già da un po ' di tempo. L’amministrazione Biden ha voluto concludere e affrettare le operazioni probabilmente in vista delle prossime elezioni presidenziali. D’altronde un giornalista accusato di spionaggio in carcere non fa bene a nessuna campagna elettorale. Un grave aspetto della risoluzione del caso è che Julian ha dovuto ammettere di aver cospirato per ottenere e diffondere illegalmente informazioni riservate riguardanti la difesa nazionale degli Stati Uniti. Ovvero ha accettato di mentire pur di poter tornare ad abbracciare la sua famiglia. Inoltre l’accordo prevede che Assange restituisca o distrugga i documenti ancora non pubblicati da WikiLeaks e che Julian non si impegni a cercare informazioni sul suo caso grazie al Freedom of Information Act (FOIA) che garantisce il diritto di accesso alle informazioni delle pubbliche amministrazioni, con limitazioni per proteggere interessi pubblici e privati stabiliti per legge. C’è anche una parte divertente. Assange non dovrà risarcire nessuna vittima della sua fuga di informazioni perché secondo gli USA non ne esiste nemmeno una. Strano, fino all’altro ieri per la nazione a stelle e strisce ce ne erano a centinaia…
Purtroppo, nonostante la libertà di Julian Assange, questa storia resta una sconfitta totale per il mondo del giornalismo. Cosa succederà ora? L’Espionage Act del 1917 verrà utilizzato ancora contro i poveri reporter oppure finalmente verrà modificato? Una domanda da un milione di dollari. Di certo il giornalismo diventerà un mestiere sempre più pericoloso. Se non si è liberi di dire nemmeno la verità in che razza di mondo andremo a finire? La libertà di stampa in queste condizioni non è assolutamente garantita. Se a rimetterci, oltre all’informatore, è anche il giornalista che divulga al mondo le informazioni allora c’è un problema di fondo da risolvere.
Assange scende dal jet in Australia, a Canberra, nella sua patria natale. Alza il pugno, bacia la moglie come nel quadro di Klimt. Sul volto ha stampato un sorriso indelebile. Il ritorno a casa tanto sognato è finalmente arrivato. Siamo felici anche tutti noi attivisti che impavidi abbiamo deciso di lottare fino alla fine per la sua liberazione. In un paese che spesso lo etichetta come spia o ladro di segreti di stato. Personalmente, ho quasi rischiato la censura in uno dei numeri del mio giornalino scolastico solo per aver messo il suo volto accompagnato da una grande scritta: “Pubblicare non è un crimine. I crimini di guerra lo sono”. Continuate a dirlo ad alta voce. Continuate a combattere. Per Julian. Per la libertà di stampa.
Si vive una volta sola. Siamo costretti a fare buon uso del tempo che abbiamo e a fare qualcosa che sia significativo e soddisfacente per noi. Questo è, per me, qualcosa di significativo e soddisfacente. Mi piace aiutare le persone che sono vulnerabili. E mi piace schiacciare i bastardi (Julian Assange)